PREVENZIONE e divulgazione sono gli obiettivi della campagna di sensibilizzazione sull’ipertensione arteriosa, una patologia sempre più diffusa tra le persone – anche nei giovani – che può farsi avanti, arrecando anche danni importanti nel nostro organismo. Rappresenta, infatti, il fattore principale di rischio per le malattie cardiovascolari a livello mondiale, colpendo il 40% della popolazione adulta occidentale. Data la sua asintomaticità, può spesso farsi strada senza essere scovata.

“È bene controllare la pressione arteriosa perché – spiega Luigi Festi, Presidente della Commissione medica centrale del Club alpino italiano (CAI) – è emerso da recenti studi condotti nell’istituto Auxologico italiano e nell’università di Milano-Bicocca che il comportamento della pressione arteriosa varia in modo significativo ad alta quota (per alta quota intendiamo altitudini al di spora dei 2500 metri), sebbene sia stato osservato che già ad altitudini moderate (e quindi 1800-2000 metri) una leggera alterazione c’è”.

La pressione arteriosa ad alte quote. Un dato importante che riguarda tutti, soprattutto chi soffre di ipertensione: “Il Professor Parati, presidente della SIIA – racconta Festi – ha osservato che la pressione arteriosa aumenta di 10-15 mmHg se si rimane per qualche ora ad altitudini medio-alte, analizzando un campione di oltre centinaia di persone”. Questo accade perché, durante le ascensioni in montagna, l’organismo umano viene sottoposto agli effetti della diminuzione della pressione atmosferica, il che comporta ipossia, solitamente generalizzata, cioè una carenza di ossigeno presente nel corpo. Gli effetti di questa condizione sono l’aumento della pressione arteriosa e l’aumento della frequenza cardiaca, dovute allo sforzo dell’apparato cardiocircolatorio di garantire un’adeguata ossigenazione in tutti i tessuti corporei.

La giornata. “Lo scopo di questa giornata – spiega Festi – è quello di raccogliere i dati relativi alla pressione arteriosa e alla percentuale di ossigeno nel sangue di tutti i partecipanti, prelevati a un’altitudine che va dai 2000 ai 3600 metri. Ovviamente queste rappresenteranno analisi di tipo esclusivamente descrittivo, poiché ancora non c’è uno studio scientifico”. Lo scopo, per il momento, è quello di far conoscere quanto più possibile questa malattia, ponendo l’attenzione specialmente sui rischi ai quali si potrebbe andare incontro: l’ictus è il rischio maggiore, ma anche emorragie nei pazienti con terapia anticoagulante.

La campagna. “Come rappresentante del CAI – puntualizza Festi – voglio evidenziare l’importanza dell’opera di prevenzione perché consente di avere maggiore sicurezza sia dal punto di vista dei cittadini sia per quanto riguarda gli interventi del soccorso alpino, che in tal modo possono essere più efficienti e appropriati”. Ma se non si vuole incorrere in situazioni che possono diventare rischiose, sarebbe buona norma monitorare la propria pressione, anche a casa, specialmente dopo i 50 anni, età in cui il rischio per la salute diventa più elevato: “Valori pressori oltre 140/90 – spiega Festi – sono già un chiaro segnale di ipertensione. Però non serve precludersi attività come questa, ovvero l’escursionismo in montagna: è sufficiente non abbandonare la terapia per la pressione già in corso e favorire l’acclimatamento. Il consiglio, poi, per chi volesse andare oltre i 3000-3500 metri è quello di farsi fare una valutazione medica, preferibilmente da un esperto di medicina strettamente legata ai problemi ad alta quota, per avere tutti i consigli necessari”.

 

Fonte: http://www.repubblica.it/salute/prevenzione/2017/07/24/news/alte_quote_ipertensione_trasformarsi_killer_silenzioso-171324410/